Dialogo tra un prete e un moribondo by Donatien Alphonse François de Sade

Dialogo tra un prete e un moribondo by Donatien Alphonse François de Sade

autore:Donatien Alphonse François de Sade [Sade, Donatien Alphonse François de]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Saggistica
editore: Castelvecchi
pubblicato: 2014-12-22T16:00:00+00:00


Nota alla traduzione

Gradi e gradini di Sade

Sono qui riuniti testi di generi diversi: dialogo, prefazione, pamphlet, appartenenti a vari periodi della produzione sadiana. Vogliamo segnalare al lettore italiano, a titolo di esempio, alcuni dei giochi che Sade fa servendosi della polisemia di svariati termini chiave di questi testi, giochi talvolta di difficile resa in traduzione. A obiettivi polemici diversi corrispondono effetti retorici differenti.

Nel Dialogo tra un prete e un moribondo sono da notare le numerose occorrenze del verbo imposer, tutte messe in bocca al moribondo. La costruzione impiegata è unica: en imposer, costruzione intransitiva, che, come dice il Littré (Émile Littré, Dictionnaire de la langue française), presenta due accezioni, «ispirare il rispetto, la sottomissione, il timore», oppure «illudere, ingannare», che permettono ambiguità e slittamenti di significato. Parente di imposer nel senso di ‘mistificare’ è il termine imposteur: impostore nel Dialogo è in primis Cristo, e con lui anche Maometto, Mosè e Confucio. Nelle sua prima occorrenza il verbo imposer serve a stigmatizzare coloro che fingono di credere senza comprendere: «Où la compréhension n’agit point, la foi est morte, et ceux qui, dans tel cas prétendraient en avoir, en imposent», «Dove non c’è comprensione, la fede è morta, e coloro che asseriscono di credere senza comprendere fingono». La seconda dichiara l’inconsistenza dei miracoli: «A l’égard de tes miracles, ils ne m’en imposent pas davantage. Tous les fourbes en ont fait, et tous les sots en ont cru», «Per quanto riguarda i tuoi miracoli, non mi impressionano di più. Tutti i furfanti ne hanno fatti, e tutti gli sciocchi ci hanno creduto». Nella terza, l’ascendente di Cristo viene dichiarato pernicioso dal punto di vista politico: «Il était séditieux, turbulent, calomniateur, fourbe, libertin, grossier farceur et méchant dangereux, possédait l’art d’en imposer au peuple et devenait par conséquent punissable dans un royaume en l’état où se trouvait alors celui de Jérusalem», «Era sedizioso, turbolento, calunniatore, mascalzone, libertino, buffone grossolano e malvagio pericoloso, possedeva l’arte di impressionare il popolo, e diventava di conseguenza punibile nel regime vigente allora a Gerusalemme». Questa occorrenza con la sua ambiguità (Gesù può essere inteso come, di nuovo, un impostore e allo stesso come qualcuno rivestito, malgrado tutto, di autorità) fa da perno e conduce all’ultima, nella stessa replica, poche righe dopo: «Les rois et leurs majestés sont les seules choses qui m’en imposent», «I re e la loro autorità sono le sole cose che mi incutono soggezione». Dove imposer va inteso univocamente come «ispirare rispetto». Ma in questo slittamento di significato, che avviene in un passo del testo in cui si evoca il riconoscimento dell’autorità del monarca da parte dell’individuo, c’è tutto il ghigno dell’autocensura sadiana.

Non c’è più spazio per l’ambiguità e per l’allusione nell’Idea sulla modalità della sanzione delle leggi, testo destinato ad arringare la folla. La Rivoluzione sancisce, come ha scritto Aurelio Principato, l’esplosione della presa di parola pubblica, che non aveva precedentemente una vera tradizione in Francia. Obiettivo primario dell’allocuzione sadiana è convincere, e uno dei mezzi impiegati è la chiarezza. La Rivoluzione è tale



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